[St. 31-34] |
libro ii. canto vi |
107 |
Al quarto giorno fu maggior periglio,
Chè stato tal fortuna ancor non era,
Perchè una parte di quel gran naviglio
Condotta è sotto Monaco in rivera.
Quivi non vale aiuto nè consiglio;
Il vento e la tempesta ognior più fiera1
Ne l’aspra rocca e nel cavato sasso
Batte a traverso e’ legni a gran fracasso.2
Oltra di questo tutti e’ paesani,
Che cognobber l’armata saracina,
Cridando: Adosso! adosso a questi cani!
Callarno tutti quanti alla marina,3
E ne’ navigli non molto lontani
Foco e gran pietre gettan con roina,
Dardi e sagette con pegola accesa;
Ma Rodamonte fa molta diffesa.
Nella sua nave alla prora davante
Sta quel superbo, e indosso ha l’armatura,
E sopra a lui piovean saette tante
E dardi e pietre grosse oltra a misura,
Che sol dal peso avrian morto un gigante;
Ma quel feroce, che è senza paura,
Vôl che ’l naviglio vada, o male, o bene,
A dare in terra con le vele piene.
Aveano e’ suoi di lui tanto spavento,
Che ciascaduno a gran furia se mosse,
Et ogni nave al suo comandamento
Sopra alla spiagia alla prora percosse.
Traeva Mezodì terribil vento4
Con spessa pioggia e con grandine grosse;5
Altro non se ode che nave strusire
Et alti cridi e pianti da morire.6
- ↑ P. tempesta è.
- ↑ T. Battea traverso.
- ↑ P. Scesero furïosi a la.
- ↑ P. a Mezzodì.
- ↑ P. grandini.
- ↑ Ml. e Mr. pianti; P. pianti di.