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92 orlando innamorato [St. 43-46]

         Or Sacripante rimase stordito
     Per meraviglia, e non avria saputo1
     Dire a qual modo sia quel fatto gito,
     Se non che esso il destriero avea perduto.
     Dove è colui, dicea, che m’ha schernito?
     Or come fece, ch’io non l’ho veduto?
     Esser non puote che uno inganno tanto
     Non sia da spirti fatto per incanto.

         E se gli è ciò, mia dama con l’annello
     Ancor farami avere il bon destriero.
     Ben mi è vergogna: ma quale omo è quello
     Che possa riparare a tal mestiero?
     Così dicendo tornasi al castello
     Pensoso, anzi turbato nel pensiero;
     Ma, come gionto fu dentro alla porta,
     Angelica trovò che è quasi morta:

         Quasi morta di doglia la donzella,2
     Pensando che riceve un tal dannaggio;
     Re Sacripante per nome l’appella,
     Dicendo: Anima mia, chi te fa oltraggio?
     Lei sospirando, piangendo favella,
     Dicendo: Ormai diffesa più non aggio.
     Presto nelle sue man me avrà Marfisa,
     E serò in pena e con tormento occisa.

         Aggio perduta tutta la diffesa
     Che aver suoleva a l’ultima speranza,
     E so che prestamente serò presa,
     E poco tempo de viver me avanza.
     E tanto questo danno più mi pesa,
     Quanto io l’ho recevuto come a cianza,
     E più non sazo, trista, dolorosa,
     Chi m’abbia tolta così cara cosa.

  1. T. savuto, Ml. ha un grossolano errore.
  2. P. è la.