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orlando innamorato |
[St. 43-46] |
Or Sacripante rimase stordito
Per meraviglia, e non avria saputo1
Dire a qual modo sia quel fatto gito,
Se non che esso il destriero avea perduto.
Dove è colui, dicea, che m’ha schernito?
Or come fece, ch’io non l’ho veduto?
Esser non puote che uno inganno tanto
Non sia da spirti fatto per incanto.
E se gli è ciò, mia dama con l’annello
Ancor farami avere il bon destriero.
Ben mi è vergogna: ma quale omo è quello
Che possa riparare a tal mestiero?
Così dicendo tornasi al castello
Pensoso, anzi turbato nel pensiero;
Ma, come gionto fu dentro alla porta,
Angelica trovò che è quasi morta:
Quasi morta di doglia la donzella,2
Pensando che riceve un tal dannaggio;
Re Sacripante per nome l’appella,
Dicendo: Anima mia, chi te fa oltraggio?
Lei sospirando, piangendo favella,
Dicendo: Ormai diffesa più non aggio.
Presto nelle sue man me avrà Marfisa,
E serò in pena e con tormento occisa.
Aggio perduta tutta la diffesa
Che aver suoleva a l’ultima speranza,
E so che prestamente serò presa,
E poco tempo de viver me avanza.
E tanto questo danno più mi pesa,
Quanto io l’ho recevuto come a cianza,
E più non sazo, trista, dolorosa,
Chi m’abbia tolta così cara cosa.
- ↑ T. savuto, Ml. ha un grossolano errore.
- ↑ P. è la.