[St. 59-62] |
libro i. canto iv |
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Io ve contai pur mo che in Barcellona
Stava Grandonio, e facea gran diffesa;
Come a quei de India e soi re de corona
Fo comandato che l’avesser presa.
Turpin di questa cosa assai ragiona,
Perchè non fu giamai più cruda impresa.
Forte è la terra, intorno ben murata;
Or se è la gran battaglia incominciata.
Da mezodì, dove la batte il mare,
Era ordinato un naviglio infinito;
Da terra gli elefanti hanno a menare,
Di torre e di beltresche ogniom guarnito.
Fanno quei Negri sì gran saettare,
Che ciascun nella terra è sbigottito;
Ogni om s’asconde e fugge per paura,
Grandonio solo appar sopra alle mura.
Comincia il crido orribile e diverso,
Et alle mura s’accosta la gente.
Non è Grandonio già per questo perso,
Ma se diffende nequitosamente;
Tira gran travi dritto et a traverso;1
Pezzi di torre e merli veramente,
Colonne integre lancia quel gigante;
Ad ogni colpo atterra uno elefante.
E va d’intorno facendo gran passo,
Salta per tutto quasi in un momento;
Di ciò che gli è davanti, fa fraccasso,
Getta gran foco con molto spavento;
Perchè la gente, che era gioso al basso,
Che e’ soi fatti vedea e suo ardimento,2
Solfo gli dànno con pegola accesa;
Lui tra la vampa fuora alla distesa.3
Boiardo,
Orlando innamorato. Vol. I.
- ↑ P. a dritto.
- ↑ T., MI. e Mr. Che de soi fatti hanca suo; P. Che suoi fatti vedieno e.
- ↑ P. Ei.