[St. 51-54] |
libro i. canto iv |
79 |
Venian cridando con tanto rumore,
Che la terra tremava e il celo e il mare.
Ivone e Serpentino e ogni segnore
Dicean che aiuto si vol domandare.
Dicea Ranaldo: E’ non serebbe onore.
Voi vi potete adietro retirare:
Et io soletto, come io son, mi vanto
Metter quel campo in rotta tutto quanto.
Nè più parole disse il cavalliero,
Ma strengie i denti e tra color se caccia;
Rompe la lancia lo ardito guerriero,
Poi con Fusberta se fa far tal piaccia,
Che aiuto de altri non li fa mestiero;
E con voce arrogante li minaccia:
Via! populaccio vil, senza governo!
Che tutti ancòi vi metto nello inferno.
Il re Marsilio da il monte ha veduto
Movere a un tratto cotanta canaglia;
Per un suo messo dice a Ferraguto
Che ogni sua schiera meni alla battaglia.
Ranaldo già de vista era perduto:
Lui tra la gente saracina taglia,
Tutta la sua persona è sanguinosa:1
Mai non se vide più terribil cosa.
Or si comincia la battaglia grossa.
A tutti Feraguto vien davante:
Giamai non fu Pagan di tanta possa.
Isolier, Matalista e il re Morgante,
Ciascuno è ben gagliardo e dura ha l’ossa.
L’Argalifa vien drieto e lo Amirante;2
Prima entrato era Alardo e Serpentino,
Ivone e Ricciardetto ed Angelino.
- ↑ P. Ei.
- ↑ T. e Mr dura lossa