[St. 43-46] |
libro i. canto iv |
77 |
Vanno per la campagna in abandono;
Rotta, stracciata fu la sua bandiera,
Benchè dugento millia armati sono.
Or di terra si leva il forte Alfrera,
Più terribile assai ch’io non ragiono;
Ma poi che vide in volta la sua schera,
Con la ziraffa se messe a seguire,
Non scio se per voltarli o per fuggire.
Ranaldo è con lor sempre mescolato,
Et a destra et sinistra il brando mena;
Chi mezzo il capo, chi ha un braccio tagliato,
Le teste in l’elmi cadeno a l’arena.
Come un branco di capre disturbato,
Cotal Ranaldo avanti sè li mena:
Ora convien che ’l faccia maggior prove,
Chè il re Faraldo la sua schiera move.
Era quel re de Arabia incoronato,
E non aveva fin la sua possanza.
Or non può suo valore aver mostrato,
Perchè Ranaldo de un contro di lanza,
L’ha per il petto alle spalle passato.
Tocca Bagliardo, e con molta arroganza
Dà tra gli Arabi, chè nulla li preza:1
Con l’urto atterra e con la spada speza.
Era però Ranaldo accompagnato,
Per le più volte, de assai buon guerreri;
Guizardo e Ricciardetto li era a lato,
E lo re Ivone, Alardo ed Anzolieri;
Ed ora Serpentino era arivato,
Chi è risentito e tornato a destrieri.
Ma de lor tutti è pur Ranaldo il fiore;
De ogni bel colpo lui solo ha l’onore.