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orlando innamorato |
[St. 39-42] |
Di ferro è tutto quanto quel bastone:
Tre palmi volgie intorno per misura.
Serpentin contra lui va di rondone
Con l’asta a resta, e già non ha paura.
Ferì il gigante e ruppe il suo troncone;[1]
Ma quella contrafatta creatura
Ha con tal forcia Serpentin ferito,
Che lo distese in terra tramortito.
Nulla ne cura e lascialo disteso;
Con la zirafa passa entro la schiera.
Trova Spinella, e nel braccio l’ha preso;
Via nel portò, come cosa leggiera.
Tutta la gente, di furore acceso,
Col baston batte, e branca la bandiera,
E quella al re Gradasso via mandone,
Insieme con Spinella, chi è prigione.
Ranaldo la sua schiera avea lasciata
In man de Ivone e del fratello Alardo,
E la battaglia avea tutta guardata,
E quanto il grande Alfrera era gagliardo.
Veggiendo quella gente sbarattata,
Tempo non parve a lui de esser più tardo:[2]
Manda a dire ad Alardo che si mova;
Lui con la lancia il gran gigante trova.[3]
Or che li potrà far, che quel portava
Un coi’ di serpa sopra la coraccia?[4]
Ma pur con tanta furia lo inscontrava,
Che la ziraffa e lui per terra caccia.
Poi tra la schiera Bagliardo voltava,
E ben de intorno con Fusberta spaccia.
Tutti i Cristiani intanto ve arivaro;[5]
Non vi fu a’ Saracini alcun riparo.
- ↑ T. Ferri.
- ↑ Mr. omm. de.
- ↑ P. Ei.
- ↑ T. cor; MI. coro; P. cuoi.
- ↑ Mr. ve rivaro.