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76 orlando innamorato [St. 39-42]

        Di ferro è tutto quanto quel bastone:
     Tre palmi volgie intorno per misura.
     Serpentin contra lui va di rondone
     Con l’asta a resta, e già non ha paura.
     Ferì il gigante e ruppe il suo troncone;[1]
     Ma quella contrafatta creatura
     Ha con tal forcia Serpentin ferito,
     Che lo distese in terra tramortito.

        Nulla ne cura e lascialo disteso;
     Con la zirafa passa entro la schiera.
     Trova Spinella, e nel braccio l’ha preso;
     Via nel portò, come cosa leggiera.
     Tutta la gente, di furore acceso,
     Col baston batte, e branca la bandiera,
     E quella al re Gradasso via mandone,
     Insieme con Spinella, chi è prigione.

        Ranaldo la sua schiera avea lasciata
     In man de Ivone e del fratello Alardo,
     E la battaglia avea tutta guardata,
     E quanto il grande Alfrera era gagliardo.
     Veggiendo quella gente sbarattata,
     Tempo non parve a lui de esser più tardo:[2]
     Manda a dire ad Alardo che si mova;
     Lui con la lancia il gran gigante trova.[3]

        Or che li potrà far, che quel portava
     Un coi’ di serpa sopra la coraccia?[4]
     Ma pur con tanta furia lo inscontrava,
     Che la ziraffa e lui per terra caccia.
     Poi tra la schiera Bagliardo voltava,
     E ben de intorno con Fusberta spaccia.
     Tutti i Cristiani intanto ve arivaro;[5]
     Non vi fu a’ Saracini alcun riparo.

  1. T. Ferri.
  2. Mr. omm. de.
  3. P. Ei.
  4. T. cor; MI. coro; P. cuoi.
  5. Mr. ve rivaro.