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[St. 11-14] libro i. canto iv 69

        Molto fu stupefatto il Saracino,
     Come colui che ascolta cosa nova;
     E, volto a Orlando, disse: Paladino,
     Un’altra volta farem nostra prova.
     Ma ben te giuro per Macon divino
     Che alcun simile a te non se ritrova;
     E se io te vinco, io non te mi nascondo,
     Ardisco a dir ch’io sono il fior del mondo.

        Or se parton de ’sieme i cavallieri;[1]
     Orlando se dricciò verso Levante,
     Chè tutto il suo disire e il suo pensieri
     È di seguir de Angelica le piante;
     Ma gran fatica li farà mestieri,
     Perchè, come se tolse a lor davante[2]
     La damigiella, per necromanzia
     Portata fu, che alcun non la vedia.

        Va Feraguto con molto ardimento
     Per quella selva menando fracasso,
     Chè ciascuna ora li parea ben cento
     Di ritrovarse a fronte con Gradasso;
     Però ne andava ratto come un vento.
     Ma il ragionar di lui ora vi lasso,
     E tornar voglio a Carlo imperatore,
     Che della Spagna sente quel rumore.

        Il suo consiglio fece radunare:
     Fuvi Ranaldo ed ogni paladino;
     E disse loro: Io odo ragionare,
     Che, quando egli arde il muro a noi vicino,
     De nostra casa debbiam dubitare.
     Dico che, se Marsilio è saracino,
     Ciò non attendo; egli è nostro cognato,
     Ed ha vicino a Francia gionto il stato.

  1. T. de sieme; P. d’insieme.
  2. P. davante.