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[St. 55-58] libro i. canto iii 59

        Ma in poco d’ora quel guerrer fu desto,
     E vede che fuggito è il suo destriero.
     Ora pensati quanto gli è molesto,
     Poi che de andare a piè gli era mestiero.
     Ma Feraguto a levarse fu presto,
     E disse: Non pensare, o cavalliero,
     Chè qui convien morire o tu, o io:
     Di quei che campa serà il destrier mio.

        Lo tuo disciolsi per tuorti speranza,
     Di potere altra volta via fuggire;
     Sì che col petto mostra tua possanza,1
     Chè nelle spalle non dimora ardire.
     Tu me fuggesti e facesti mancanza,2
     Ma ben mi spero fartene pentire.
     Esser gagliardo e diffenderti bene,
     Se non, lassar la vita te conviene.3

        Diceva l’Argalia: Scusa non faccio,
     Che ’l mio fuggir non fosse mancamento;
     Ma questa man ti giuro, e questo braccio,4
     E questo cor che nel petto mi sento,
     Ch’io non fuggiti per battaglia saccio,5
     Nè doglia, nè stracchezza, nè spavento,
     Ma sol me ne fuggiti oltra al dovere
     Per far a mia sorella quel piacere.

        Sì che prendila pur come ti piace,
     Che a te sono io bastante in ogni lato.
     Sia a tuo piacere la guerra e la pace,
     Che sciai ben che altra volta io te ho anasato.
     Così parlava il giovanetto audace;
     Ma Feraguto non è dimorato,
     Forte cridando con voce de ardire:
      Da me ti guarda! e vennelo a ferire.6

  1. MI. e Mr.sperancia — possancia.
  2. MI. e Mr. minaccia, T. minanza.
  3. MI., Mr. e P. Se voi campar.
  4. P. Per questa.
  5. T. satio; MI. sacio; Mr. fugite oltra il dovere saccio.
  6. T. vennello.