[St. 39-42] |
libro i. canto iii |
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Mosso dal loco, il cavalier gagliardo
Destina quivi alquanto riposare;
E tratto il freno al suo destrier Bagliardo,
Pascendo intorno al prato il lascia andare.
Esso alla ripa senz’altro riguardo
Nella fresca ombra s’ebbe adormentare.1
Dorme il barone, e nulla se sentiva;
Ecco ventura che sopra gli ariva.
Angelica, dapoi che fu partita
Dalla battaglia orribile ed acerba,
Gionse a quel fiume, e la sete la invita
Di bere alquanto, e dismonta ne l’erba.
Or nova cosa che averite odita!
Chè Amor vôl castigar questa superba.
Veggiendo quel baron nei fior disteso,2
Fu il cor di lei subitamente acceso.
Nel pino atacca il bianco palafreno,
E verso di Ranaldo se avicina.
Guardando il cavallier tutta vien meno,
Nè scia pigliar partito la meschina.
Era dintorno al prato tutto pieno3
Di bianchi gigli e di rose di spina;
Queste disfoglia, ed empie ambo le mano,
E danne in viso al sir de Montealbano.4
Pur presto si è Ranaldo disvegliato,5
E la donzella ha sopra a sè veduta,
Che salutando l’ha molto onorato.6
Lui ne la faccia subito se muta,7
E prestamente nello arcion montato
Il parlar dolce di colei rifiuta.
Fugge nel bosco per gli àrbori spesso:
Lei monta il palafreno e segue apresso.
- ↑ P. a addormentare.
- ↑ P. tra i fior.
- ↑ Mr. e P. il prato.
- ↑ T., MI. e Mr. Questa. P. e con la bianca mano In viso danne.
- ↑ MI. e P. Per questo.
- ↑ T. e Mr. omm. l'.
- ↑ P. Quel ne l’aspetto.