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orlando innamorato |
[St. 27-30] |
Astolfo era per ira in tanto errore,
Che non stima de Carlo la presenza;
Anzi diceva: Falso traditore,
Che sei ben nato da quella semenza!
Io te trarò del petto fora il core,
In prima che de qui facciam partenza.
Dicea Grifone a lui: Temote poco,
Quando seremo fuor di questo loco.
Ma qui me sottometto alla ragione,
Per non far disonore al segnor mio.
Segue il duca dicendo: Can felone,
Ladro, ribaldo, maledetto e rio.
Turbosse ne la faccia il re Carlone,
Dicendo: Astolfo, per lo vero Iddio,
Se non te adusi a parlar più cortese,
Farotte costumato alle tue spese.
Astolfo al re non attende de niente,1
Sempre parlando con più vilania,
Come colui che offeso è veramente,
Advengachè altri ciò non intendia.
Eccoti Anselmo, il conte fraudolente,
Per mala sorte inanti gli venìa.
Più non se puote Astolfo contenire,
Ma con la spada quel corse a ferire.
E certamente ben l’arebbe morto,
Se non l’avesse il re Carlo diffeso.
Or dà ciascuno ad Astolfo gran torto,
E volse lo imperier ch’el fusse preso,
E subito al castello a furia scorto.
Nella pregion portato fu di peso,
Dove di sua paccìa buon frutto tolse,2
Perchè vi stette assai più che non volse.
- ↑ MI., Mr. e P. Ast. non li attende.
- ↑ P. colse.