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orlando innamorato |
[St. 11-14] |
Onde se pensa lui mo d’acquistare1
Di quella giostra il trïonfale onore;
E per voler più bella mostra fare,
Con pompa grande e con molto valore,
Undeci conti sieco fece armare,
Chè di sua casa n’avea tratto il fiore.
Va nanti a Carlo, e con parlar gagliardo
Fa molta scusa del suo gionger tardo.
O sì o no che Carlo l’accettasse,
Io nol scio dir; pur gli fe’ bona ciera.
Parme che Gano ad Astolfo mandasse:
Poi che non gli è Pagano alla frontera,
Che la giostra tra lor se terminasse;
Perchè, essendo valente come egli era,
Dovea agradir quante più gente vano
A riscontrarlo, per gettarli al piano.2
Astolfo, che è parlante di natura,
Diceva al messo: Va, rispondi a Gano:
Tra un Saracino e lui non pongo cura,
Chè sempre il stimai peggio che pagano,
De Dio nimico e d’ogni creatura,
Traditor, falso, eretico e villano.
Venga a sua posta, ch’io il stimo assai meno
Che un sacconaccio di letame pieno.
Il conte Gano che ode quella ingiuria,
Nulla risponde; ma tutto fellone
Verso de Astolfo se ne va con furia;
E fra se stesso diceva: Giottone!
Io te farò di zanze aver penuria.
Ben se crede gettarlo dello arcione,3
Perchè ciò far non gli era cosa nova,
Ed altre volte avea fatto la prova.
- ↑ P. pensa al tutto d'
- ↑ P. donargli affanno.
- ↑ P. sè lo crede gittar.