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506 orlando innamorato [St. 51-54]

         Il conte non vi fece altro pensiero:
     Certo il demonio e Dio veder si crede,
     Et alla dama lascia il suo destriero.
     Lei, come gionto sopra il sasso il vede,
     Forte ridendo disse: Cavalliero,
     Non scio se seti usato a gire a piede,
     Ma scio ben dir che usar ve gli conviene:
     Io vado in qua: Dio ve conduca bene.

         Così dicendo volta per quel prato,
     E via fuggendo va la falsa dama.
     Rimase il conte tutto smemorato,
     E sè fuor d’intelletto e paccio chiama,
     Benchè serìa ciascun stato ingannato,
     Chè di legier si crede a quel che s’ama;
     Ma lui la colpa dà pure a se stesso,
     Locchio e balordo nomandosi spesso.1

         Non scia più che se fare il paladino,
     Poi che perduto è il suo bon Brigliadoro.
     Torna a guardare il sasso marmorino,
     E va leggendo quelle littre d’oro.
     Quivi ritrova che sepolto è Nino,
     Qual fu già re di questo tenitoro,
     E fece Ninivè, l’alta citate,
     Che in ogni verso è lunga tre giornate.

         Ma lui, che de guardare ha poca cura,2
     Poi che ha perduto il suo destrier soprano,
     Smonta dolente della sepoltura;
     E, caminando a piede per il piano,
     La notte gionge e tutto il cel se oscura.
     Vede una gente, e non molto lontano;
     E così andando ognior più s’avicina,
     Perchè la gente verso lui camina.

  1. P. Sciocco.
  2. P. poco.