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[St. 47-50] libro i. canto xxix 505

47 La dama ben s’accorse incontinente,
     Come colei che è scorta oltra misura,
     Che quel baron d’amore è tutto ardente,
     Onde a infiamarlo più pone ogni cura;
     E con bei motti e con faccia ridente
     A ragionar con seco lo assicura;
     Però che ’l conte, ch’era mal usato,
     D’amor parlava come insonnïato.

48 Mille anni pare a lui che asconda il sole,
     Per non avere al scur tanta vergogna;
     Perchè, benchè non sappia dir parole,
     Pur spera de far fatti alla bisogna;
     Ma sol quel tempo d’aspettar gli dole,
     E fra se stesso quel giorno rampogna,
     Qual più de gli altri gli par longo assai,
     Nè a quella sera crede gionger mai.

49 E così cavalcando a passo a passo,
     Ragionando più cose intra di loro,
     A mezo il prato ritrovarno un sasso,
     Che è scritto tutto intorno a littre d’oro,
     E trenta gradi, dalla cima al basso,
     Avea tagliato con netto lavoro;
     Per questi gradi in cima se saliva
     A quel petron, che asembra fiamma viva.

50 Disse la dama al conte: - Or te assicura,
     Se hai, come io credo, la virtù soprana,
     Che in questo sasso è la maggior ventura
     Che sia nel mondo tutto, e la più strana.
     Monta quei gradi e sopra quella altura:
     La pietra è aperta a guisa di fontana;
     Ivi te appoggia, e giù callando il viso
     Vedrai l’inferno e tutto il paradiso. -