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[St. 39-42] libro i. canto xxix 503

39 E che sette baroni a tradimento
     Aveva occiso, e non per sua virtute,
     E per dar tema agli altri e gran spavento
     Tenea quei scudi in mostra e le barbute.
     Così dicea la dama, e con lamento
     Parlava al conte per la sua salute,
     Per Dio pregando e sempre per pietate,
     Che non la lasci in tanta crudeltate.

40 Non stette Orlando già molto a pensare,
     Perchè pietà lo mosse incontinente,
     Dicendo a Uldarno o che l’abbia a spiccare,
     O che prenda battaglia di presente.
     Così l’un l’altro s’ebbe a disfidare;
     Ciascadun volta il suo destrier corrente,
     E vengonsi a ferir con cruda guerra:
     Al primo incontro Orlando il pose in terra.

41 Poi che fu il cavallier caduto al piano,
     Il conte prestamente al pino andava.
     Sopra una torre a quel ponte era un nano,
     Che incontinente un gran corno suonava;
     Dopo quel suono apparve a mano a mano
     Un cavalliero armato, che cridava,
     E morte al conte e gran pena minaccia,
     Se s’avicina al pino a vinte braccia.

42 Il conte aveva integra ancor sua lanza;
     Presto se volta, e quella al fianco arresta,
     E ferisce al baron con tal possanza,
     Che sopra al prato il fie’ batter la testa.
     Ma far nova battaglia ancor gli avanza,
     Chè ’l nano suona il corno a gran tempesta,
     E gionge il terzo cavalliero armato:
     Sì come gli altri andò disteso al prato.