[St. 47-50] |
libro i. canto xxviii |
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La damisella uscì di quel girone,
E giù nel campo subito discese;
La sua ambasciata fece al fio d’Amone
Con bassa voce e ragionar cortese:
Sempre parlando stette ingenocchione.
Io non scio dir se ben Ranaldo intese,
Chè, come prima odì chi la mandava,
Voltò le spalle e più non l’ascoltava.
Era con lui Astolfo al paviglione,
Il qual, veggendo la dama partire,
Che seco ne menava il bon ronzone,
Subitamente la prese a seguire,
Dicendo a lei che per dritta ragione
Questo destrier potrebbe ritenire1
Come sua cosa, poi che era palese
Che esso l’avea condutto in quel paese.
A concluder, la dama puotea meno,
E il modo non avea da contrastare,
Onde se lasciò tuor di mano il freno:
Adietro l’ebbe Astolfo a remenare.2
Or per quel campo d’arme tutto pieno3
La messagiera se pone a cercare:
Cerca per tutto, e mai non se rafina,
Sin che fu gionta avanti alla regina.
E non se sbigotì di sua presenzia,
Ma fece sua proposta alteramente,
Con ardire mestiato di prudenzia.
Quella regina, che ha l’animo ardente,
La odìa parlar con poca pacïenzia,
E sol rispose: Bene è tostamente
Il minacciar d’altrui; ma il fin del gioco
È di cui fa de’ fatti e parla poco.
- ↑ Ml. e Mr. potria; P. poteva.
- ↑ T., Ml. e Mr. d’arme eglie.
- ↑ P. fece la proposta.