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[St. 47-50] libro i. canto xxviii 491

47 La damisella uscì di quel girone,
     E giù nel campo subito discese;
     La sua ambasciata fece al fio d’Amone
     Con bassa voce e ragionar cortese:
     Sempre parlando stette ingenocchione.
     Io non so dir se ben Ranaldo intese,
     Chè, come prima odì chi la mandava,
     Voltò le spalle e più non l’ascoltava.

48 Era con lui Astolfo al paviglione,
     Il qual, veggendo la dama partire,
     Che seco ne menava il bon ronzone,
     Subitamente la prese a seguire,
     Dicendo a lei che per dritta ragione
     Questo destrier potrebbe ritenire
     Come sua cosa, poi che era palese
     Che esso l’avea condutto in quel paese.

49 A concluder, la dama puotea meno,
     E il modo non avea da contrastare,
     Onde se lasciò tuor di mano il freno:
     Adietro l’ebbe Astolfo a remenare.
     Or per quel campo d’arme tutto pieno
     La messagiera se pone a cercare:
     Cerca per tutto, e mai non se rafina,
     Sin che fu gionta avanti alla regina.

50 E non se sbigotì di sua presenzia,
     Ma fece sua proposta alteramente,
     Con ardire mestiato di prudenzia.
     Quella regina, che ha l’animo ardente,
     La odìa parlar con poca pacïenzia,
     E sol rispose: - Bene è tostamente
     Il minacciar d’altrui; ma il fin del gioco
     È di cui fa de’ fatti e parla poco. -

14. MI. e Mr. potria', P. poteva. — 21. T., MI. e Mr. d' anne eglie.

20. P. fece la j)ropo»ia.