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orlando innamorato |
[St. 35-38] |
Questo fin ebbe la battaglia fella.
Tornò Ranaldo a farse medicare;
Parlar li volse Angelica la bella,
Lui per nïente la volse ascoltare,
Chè tanto odio portava a la donzella,
Che apena la puoteva riguardare.
Or lei si parte e vien sopra al girone;
Ranaldo in campo torna al paviglione.
Su nella rocca ritornò la dama,
E de amor si lamenta e di fortuna;
Piange dirottamente e morte chiama,
Dicendo: Or fo giamai sotto la luna
Per l’universo una donzella grama,
O nello inferno passò anima alcuna,
Che avesse tanta pena e tale ardore,
Quale io sostengo a l’affannato core?
Quel gentil cavallier l’alma m’ha tolta,
Nè vôl ch’io campa, e non mi fa morire,
Et è tanto crudel, che non m’ascolta.
Che al manco gli potessi io fare odire
Li affanni che sostengo, una sol volta,
E di poi presto mia vita finire!
Chè dopo morte ancor sarei contenta,
Se egli ascoltasse il dôl che mi tormenta.
Ma ciascuna alma disdegnosa e dura
Amando e lacrimando al fin se piega,
Sì che speranza ancor pur mi assicura
Che a un tempo mi darà quel che or mi niega;
E sol di quello è la bona ventura,
Che pacïenzia segue e piange e prega;1
E, s’io son fuor di tal condizïone,
Pur stato non serà per mia cagione.