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orlando innamorato |
[St. 19-22] |
Non fu veduto mai tanto peccato,
Quanto era di Ranaldo valoroso,
Ch’era sopra l’arcione abandonato,
E strasinava il brando al prato erboso;
Fuor de l’elmo uscia il sangue da ogni lato,
Però che a quel gran colpo furïoso
Tanta angoscia sofferse e tanta pena,
Che ’l sangue gli crepò fuor d’ogni vena.
Fuor della bocca usciva e fuor del naso,
Già ne era l’elmo tutto quanto pieno;
Spirto nel petto non gli era rimaso,
Correndo il suo destriero a voto freno.
E così stette in quel dolente caso
Quasi una ora compita, o poco meno;1
Ma non fu giamai drago ni serpente
Quale è Ranaldo, allor che se risente.
Non fu ruina al mondo mai maggiore,
Chè l’altre tutte quante questa passa;
Strazia dal petto il scudo, e con rumore2
Contro alla terra tutto lo fraccassa.
Fusberta, il crudo brando, a gran furore
Stringe a due mane e le redine lassa,3
E ferisce cridando al forte conte:
Proprio lo gionse al mezo della fronte.
Non puotè il colpo sostenire Orlando,
Ma su le croppe la testa percosse;
Le braze a ciascun lato abandonando,4
Già non mostra d’aver l’usate posse.
Di qua di là se andava dimenando,
Et ambe l’anche di sella rimosse;
Poco mancò che ’l stordito barone
Fuor non uscisse al tutto de l’arzone.
- ↑ P. compiuta.
- ↑ P. del petto.
- ↑ T. la redine.
- ↑ T. branze.