[St. 47-50] |
libro i. canto xxvii |
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Ma il conte Orlando, senza altro pensiero,
Era dormendo nel letto colcato,
E sempre, in sogno, quello animo fiero
Stava alla zuffa del giorno passato;
Nè credo che sia al mondo cavalliero
Che non si fosse alquanto spaventato
Mirando il conte in quel sonno dissolto,
Tanto feroce e orribile è nel volto.
La damigella venne a lui soletta,
E ponto non l’ardiva risvegliare;
Ma come fa qualunche il tempo aspetta,
Che l’ora un giorno, e il giorno un mese pare,1
Così la dama, che avea maggior fretta
Che ’l conte Orlando assai de cavalcare,
Or col viso suave, or con la mano,
Svegliò, toccando, il cavallier soprano.
Su, disse ella, baron! Non più dormire,
Chè da ogni parte già se scopre il giorno;
Io me levai, chè me parve de odire
Là giù nel campo al basso uno alto corno;
E perchè io voglio con teco venire
E, se a Dio piace, far teco ritorno,
Son venuta a svegliarti per me stessa,
E da te voglio un dono in tua promessa.2
Il conte, al suo bel viso remirando,
Tutto se accese de amoroso foco,
E la dama abracciò tutto tremando,
Benchè soletti fussero in quel loco.
Dicea la dama: Io son al tuo comando;
Ma se me ami, barone, aspetta un poco,
Chè quel ch’io dico per farti sicuro,
Su la mia fede ti prometto e giuro.
- ↑ P. un anno pare.
- ↑ Ml. e Mr. Et a te; T. Et da.