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orlando innamorato |
[St. 43-46] |
E benchè Serpentin tanto abbia fatto,
Danese Ogier di lui non ha spavento.
Mosse il destrier sì furïoso e ratto,
Quale è nel mar di tramontana il vento.
Era la insegna del guerrero adatto
Il scudo azzurro e un gran scaglion d’argento;
Un basalisco porta per cimero
Di sopra a l’elmo lo ardito guerrero.
Suonâr le trombe: ogni om sua lancia aresta
E vengonsi a ferir quei duo campioni.
Non fu quel giorno botta sì rubesta,
Chè parve nel colpir scontro de troni.
Danese Ogieri con molta tempesta
Ruppe di Serpentin ambi li arcioni:
E per la groppa del destrieri il mena,
Sì che disteso il pose in su l’arena.
Così rimase vincitore al campo
Il forte Ogieri, e la renga difende.1
Re Balugante par che meni vampo,
Sì la caduta del figliol lo offende.
Anco egli ariva pur a quello inciampo,
Perchè il Danese per terra il distende.
Ora si move il giovine Isolieri:
Bene è possente e destro cavallieri.
Era costui di Feragù germano,
Tre lune d’oro avea nel verde scudo.
Mosse ’l destriero, e la lancia avea in mano:
Nel corso l’arestò quel baron drudo.2
Il pro’ Danese lo mandò su ’l piano
De un colpo tanto dispietato e crudo,
Che non se avede se gli è morto o vivo,
E ben sette ore stie’ del spirto privo.
- ↑ P. l’arringo.
- ↑ T. la resto; MI. la resta.