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orlando innamorato |
[St. 19-22] |
Diceva Orlando a lui: Non fa mestiero
De la nostra bontade disputare;
Chè tu sei ladro, et io son cavalliero,
E tutto il mondo lo sa iudicare;
E bene aggio ragion s’io sono altiero
De Almonte e de Troian, che hai a contare,
Che fur di tanto pregio e di tal raccia,
Che non gli avresti tu guardati in faccia.
Fovi meco Rugiero e quel don Chiaro1
Che era corona d’ogni paladino,
Quai stati non serian con un tuo paro,
Chè alcun di lor non era malandrino.
Or tu te vanti, e pôi bene aver caro,
De avere occiso il forte re Mambrino;
Ma non sa dir alcun come andò il fatto,
Perchè tu pur fuggisti al primo tratto.
Quella battaglia fu molto nascosa
Là dopo il monte, e senza testimonio;
Chi giurarà come andasse la cosa,
E se il tuo Malagise col demonio
Te dette la vittoria sì pomposa?
Et odito aggio ancora, o ch’io me insonio,
Che il fratel Constantin pur fu ferito
Dopo le spalle, e fu da te tradito.
Così l’un l’altro con grave rampogna
Se oltraggiavano insieme e cavallieri;
Ora altro che parole ivi bisogna,
Perchè dal ragionare a i colpi fieri
Eran venuti, e l’ira e la vergogna
Gli avea spronati e fatti tropp’altieri;
E se ferian con tanta crudeltade,
Che ad ogni colpo fan foco le spade.