Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
[St. 7-10] | libro i. canto xxvii | 465 |
E risposene un altro con roina,
Dov’è il scudo e la lancia discoperta,1
E piastra non vi valse, o maglia fina,
Chè via la tagliò tutta con Fusberta;
Seco la giuppa alla terra dechina,
Sì che fece mostrar la carne aperta.
Per questo d’ira il conte più s’accese,
Et a Ranaldo un gran colpo distese.
Gionse a traverso del manco gallone,
E misse a terra gran parte del scudo,
E usbergo e piastra e grosso pancirone
Fraccassa con roina il brando crudo;
Portò seco la giuppa e il camisone,
Sì che mostrar li fece il fianco nudo.
Ciascun de ira se accende e di mal fele,
E la battaglia ognior vien più crudele.
Ranaldo prese un cruccio sì diverso,
Che alla sua vita mai n’ebbe cotanto;
E menò ad ambe mano un gran roverso,
Tal che, se l’elmo non fosse de incanto,
Tutto l’avrebbe spezzato e disperso;
E per quel colpo orribile e tamanto
Orlando se stordì per tal maniera,
Che non sapea quel loco dove egli era.
Il suo destrier correndo andava intorno,
Portandol stramortito in su la sella.
Dicea Ranaldo: Io so che al terzo giorno
Non durarà fra noi questa novella.
E per darli di morte ultimo scorno
Un altro colpo adosso li martella;
Io non saprebbi ben dir la cagione,
Ma il conte alora uscì de stordigione.
2.
- ↑ Ml. Dove el scudo e la l. disperata; Mr. Dove el scudo; P. Dove il sc. a la lanza.