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[St. 59-62] | libro i. canto xxv | 445 |
Così col cor di doglia tutto ardente
Il conte seco stesso ragionava,
E quella notte non dormì nïente,
Ma spesso a ciascun lato si voltava.
Il tempo via trapassa e lui non sente,
Ma la luna e le stelle biasimava,
Che al suo occidente non faccian ritorno
Per donar loco al luminoso giorno.
Più de tre ore avanti al matutino
Il conte a gran ruina fu levato;
Una tempesta sembra il paladino,
Passeggiando d’intorno tutto armato.
L’elmo ha d’Almonte, che fu tanto fino,
E Durindana il suo buon brando a lato;
Giù nella stalla va il conte gagliardo,
E ben guarnisce il bon destrier Baiardo.
E su ritorna nella rocca ancora,
Guardando se il giorno esce a l’orïente,
E non può comportar nulla dimora,
Ma rodendo si va l’ongie col dente.
Ora andati, segnori, alla bona ora,
Perchè io riservo nel canto sequente
Un smisurato assalto et inumano,
Qual fu tra il conte e il sir de Montealbano.