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orlando innamorato |
[St. 15-18] |
Senza capo è la strata et infinita,
De onore e de diletto al tutto priva.
Chi va per essa, a caminar s’aita,
Ma dove gionger vol, mai non ariva;
Sì che la voglio al tutto aver smarita,
Nè gli vo’ caminar per sin ch’io viva;1
E, acciochè meglio intendi il mio parlare,
Dico che ’l cervo non voglio cacciare.
Prendi il tuo corno, ch’io lascio ad altrui
Questa ventura di tanta ricchezza,
Perch’io ora non sono e mai non fui
Da cortesia partito e gentilezza;
E vile e discortese è ben colui
Qual la sua dama più che ’l cor non prezza;2
Et io scio che m’aspetta or la mia dama,
E parmi odir la voce che mi chiama.
Ben me ricordo come io la lasciai3
Con guerra nella rocca assedïata:
Ora che indovinar me sapria mai4
Come sia quella zuffa aterminata?
Il campo e la battaglia abandonai
Per seguire Agrican quella giornata;
E combatteva l’una e l’altra gente,
Sì che non scio di lor chi sia perdente.
Così con seco istesso ragionava
Il conte, assai pensoso ne la ciera,5
E la donzella alla croppa invitava,
La qual pur vi salì mal volentiera.
Lasciò quell’altra, e già via caminava;
Ecco ad un ponte, sopra una rivera,
Passava un cavalliero in vista arguta:
Cortesemente Orlando lo saluta.
- ↑ Ml. ìnfin; P. per fin.
- ↑ P. l’or.
- ↑ T. e Ml. ricorda.
- ↑ P. chi ind. Ml. omm. me; Mr. non sapria
- ↑ T. chiera.