[St. 23-26] |
libro i. canto ii |
33 |
Lasso, diceva ch’io non ho diffesa
Contra al nemico che mi sta nel core!
Or chè non aggio Durindana presa
A far battaglia contra a questo amore,
Qual m’ha di tanto foco l’alma accesa,
Che ogni altra doglia nel mondo è minore?1
Qual pena è in terra simile alla mia,
Che ardo d’amore e giazo in zelosia?2
Nè scio se quella angelica figura
Se dignarà de amar la mia persona;
Chè ben serà figliol della ventura,
E de felice portarà corona,3
Se alcun fia amato da tal creatura.
Ma se speranza de ciò me abandona,
Ch’io sia sprezato da quel viso umano,
Morte me donarò con la mia mano.
Ahi sventurato! Se forse Rainaldo
Trova nel bosco la vergine bella,
Chè ben cognosco io come l’è ribaldo,
Giamai di man non gli uscirà polcella.
Forse gli è mo ben presso al viso saldo!
Ed io, come dolente feminella,4
Tengo la guancia posata alla mano,
E sol me aiuto lacrimando in vano.
Forse ch’io credo tacendo coprire
La fiamma che me rode il core intorno?
Ma per vergogna non voglio morire.
Sappialo Dio ch’allo oscurir del giorno
Sol di Parigio mi voglio partire,
Ed andarò cercando il viso adorno,
Sin che lo trovo, e per state e per verno,
E in terra, e in mare, e in cielo, e nello inferno.
Boiardo, Orlando innamorato. Vol. I 8
- ↑ T. Mr. sopprimono è.
- ↑ T. Giacio.
- ↑ P. de’ felici.
- ↑ T. Et fo.