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[St. 7-10] | libro i. canto xxiv | 417 |
Forte tira Aquilante ad ambe braccia;
Marfisa abranca lui di sopra al scudo,
E via dal petto con la mano il straccia.
Allor Grifone, il giovanetto drudo,
De aiutare Aquilante se procaccia,
E menò un colpo dispietato e crudo,
Tal che col brando il scudo gli fracassa;
Lei se rivolta et Aquilante lassa.
Lascia Aquilante e voltasi al germano,
E lo ferì de un colpo furïoso;
Or chi più presto può, gioca de mano,
Nè indugia vi si pone, o alcun riposo.
Come in un tempo oscuro e subitano,
Che vien con troni e vento ruïnoso,
Grandine e pioggia batte in ogni sponda,
Che l’erbe struggie e gli arbori disfronda;
Così son [sp]essi, et era il suo colpire:1
Nïun de’ duo quella dama abandona,
Or l’uno or l’altro l’ha sempre a ferire.
Lei da altra parte è sì franca persona,
Che il lor vantaggio poco viene a dire.
Alle spesse percosse il cel risuona;
Nè vinti fabri a botta di martello
Facean tanto rumore e tal flagello.2
Vicino a questi, proprio in su quel piano,
Era un’altra terribil questïone,3
Però che ’l franco sir de Montealbano
Ha il re Adrïano adosso e Chiarïone.
Benchè ferito è quel baron soprano
Forte nel braccio manco e nel gallone,
Pure è sì fiero e sì di guerra saggio,
Che a’ duo combatte et ha sempre avantaggio.
BoiardoOrlando innamorato. Vol. I
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