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[St. 31-34] libro i. canto xxiii 409

         E se il suo brando non fosse legato
     Al dextro braccio, come lui portava,
     Ben li serìa caduto al verde prato.
     Or Rabicano a gran furia ne andava,
     Perchè Ranaldo il freno avea lasciato,
     Nè dove fosse alor se ricordava;
     Ma di profondo spasmo e di dolore
     Ave perduto lo intelletto e il core.1

         Aquilante, de orgoglio e d’ira pieno,
     Per tutto intorno al campo lo seguìa;
     Et avea preso al cor tanto veleno,
     Che così volontier morto l’avria,
     Come fosse un pagan, nè più nè meno.
     Ma ritornò Ranaldo in sua balìa;
     Proprio alor che Aquilante l’avea gionto,
     In sè rivenne vigoroso e pronto.2

         E, ritrovato il brando che avea perso,
     Voltò contra Aquilante il corridore,
     Acceso di furor troppo diverso;
     Con quanta forza mai puote maggiore,
     Lo gionse a mezo l’elmo nel traverso.
     Non valse ad Aquilante il suo valore,
     Nè l’arme fatte per incantamento,
     Chè stramortito perse il sentimento.

         Ranaldo già nïente indugïava,
     Perchè era d’ira pieno a quella fiata,
     E l’elmo prestamente li slaciava,
     E gli averebbe la testa tagliata:3
     Ma Chiarïone la lancia arrestava,
     Così come era la cosa ordinata;
     Nè de lui se accorgendo il fio d’Amone,
     Di traverso il ferì sopra il gallone.

  1. P. Avea.
  2. Ml. e Mr. revene.
  3. Ml. e Mr. E ben glhavrebbe; P. E ben gli avrebbe.