[St. 15-18] |
libro i. canto ii |
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Però che spesso la guardava in volto,
Parendogli la forza radoppiare;
Ma poi che gli è davanti così tolto,
Non sa più che si dir, nè che si fare.
In questo tempo lo Argalia rivolto,
Con quel destrier che al mondo non ha pare1
Fuggie del prato e quanto può sperona,
E Feraguto e la guerra abandona.
Lo inamorato giovanetto guarda,
Come gabato si trova quel giorno.
Esce del prato correndo e non tarda,
E cerca il bosco, che è folto, d’intorno.
Ben par che nella faccia avampa ed arda,
Tra sè pensando il recevuto scorno,
E non se arresta correre e cercare;
Ma quel che cerca non può lui trovare.
Tornamo ora ad Astolfo, che soletto,
Come sapete, rimase alla Fonte.
Mirata avea la pugna con diletto,
E de ciascun guerrer le forze pronte;
Or resta in libertà senza suspetto,
Ringrazïando Iddio con le man gionte;
E per non dare indugia a sua ventura
Monta a destrier con tutta l’armatura.
E non aveva lancia il paladino,
Chè la sua nel cadere era spezzata.
Guardasi intorno, ed al troncon del pino
Quella de lo Argalia vidde appoggiata.
Bella era molto, e con lame d’ôr fino,
Tutta di smalto intorno lavorata;
Prendela Astolfo quasi per disaggio,
Senza pensare in essa alcun vantaggio.2
- ↑ T. e MI. corso.
- ↑ P. Quasi che per disagio quella prende, Ed al avvantaggio alcun di nulla attende.