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[St. 47-50] libro i. canto xxii 397

         E non avendo possa, nè ardimento1
     Di levarme per forza al giovanetto,
     Veniaci dietro con gran sentimento, 2
     Del qual troppo era pieno il maledetto.3
     Ora ciascun di noi era contento,
     Io, dico, e Ordauro, quel gentil valletto,
     Che senza altro pensier ne andamo via;
     Forse da trenta eramo in compagnia.

         Scudieri e damiselle eran costoro,
     Tutti senza arme caminando adaggio;
     Emo la vittualia e argento et oro,4
     Posto sopra gambeli al carrïaggio;
     Perchè tutta la robba e il gran tesoro
     Che possedeva quel vecchio malvaggio,
     Avevamo noi tolta alla sicura,
     Là dove io venni per la tomba oscura.

         Già la prima giornata caminando
     Aveàn passata senza impedimento;
     Ordauro meco ne venìa cantando,5
     Et avea indosso tutto il guarnimento
     Di piastre e maglia, e cento al fianco il brando;
     Ma la sua lancia e il bel scudo d’argento,6
     E l’elmo adorno di ricco cimero,
     Gli eran portati apresso da un scudero:

         Quando davanti, in mezo del camino,
     Scontramo un damigiello in su l’arcione.
     Quel veniva cridando: Ahimè tapino!7
     Aiuto! aiuto! per lo Dio Macone;
     Et era alle sue spalle uno assassino
     (Così sembrava in vista quel fellone);
     Correndo a tutta briglia per il piano
     Seguiva il primo con la lancia in mano.

  1. T, e Mr. on ardimento.
  2. P. Venneci.
  3. Mr. Di quel.
  4. P. Aveamo la vittovaglia.
  5. Mr. omm. ne.
  6. Ml. la lancia e il bel; Mr. lanza e il suo; P. la lancia col bel.
  7. P. Qual.