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396 | orlando innamorato | [St. 43-46] |
Lui, che più non sapea quel che se dire,
Torna di fora, e le porte serrava.
Io d’altra parte non stavo a dormire,
Ma per la tomba ascosa me ne andava,
E a nova guisa m’ebbi a rivestire.
Quando esso gionse, e quivi mi trovava:
Il cel, diceva, e Dio non faria mai
Che questa è quella che là su lasciai.
Così più volte in diversa maniera1
Al modo sopradetto foi mostrata,
E sì for di sospetto il zeloso era,
Che spesso me appellava per cognata.
Fo dapoi cosa facile e legiera
Indi partirsi; perchè una giornata
Ordauro a Folderico disse in breve
Che quella aria marina è troppo greve;
E che non era stato una ora sano,
Dapoi che venne quivi ad abitare;
Sì che al giorno sequente e proximano
Nel suo paese volea ritornare,
Ch’era da tre giornate indi lontano.
Or Folderico non se fie’ pregare,
Ma per se stesso se fo proferito
A farce compagnia for de quel sito.
E con noi venne forse da sei miglia,
E poi con fretta adietro ritornava.
Ora io non scio s’egli ebbe meraviglia,
Quando alla rocca non me ritrovava.
La lunga barba e le canute ciglia,
Maledicendo il cel, tutte pelava;2
E destinato de averme o morire,
Nostro camino se pose a seguire.