[St. 31-34] |
libro i. canto xxii |
393 |
Io già prima de lui ne era venuta
Per quella tomba sotterra nascosa,
E d’altri panni ornata e proveduta,
Sì come io fossi la novella sposa;
Ma come il vecchio m’ebbe qui veduta,
Morir credette in pena dolorosa;
E vòlto a Ordauro disse: Ahimè tapino!
Chè ben ciò mi stimai, per Dio divino!
Io non occisi già il tuo patre antico,
Nè abruciai la tua terra con roina,
Che esser dovessi a me crudel nemico
E far la vita mia tanto meschina.
Ahi tristo e sventurato Folderico,
Che sei gabato al fin da una fantina!
Ora a mio costo vadase a impiccare
Vecchio che ha moglie, e credela guardare.
Mentre che lui dicea queste parole
De ira e de sdegno tutto quanto acceso,
Ordauro assai de ciò con lui se dole,
Mostrando in vista non averlo inteso;
E giura per la luna e per il sole,
Che egli è contra ragion da lui ripreso;1
E che per il passato e tutta via
Gli ha fatto e falli onore e cortesia.
Cridava il vecchio ognior più disperato:
Questa è la cortesia! questo è l’onore!
Tu m’hai mia moglie, mio tesor robbato,
E poi, per darmi tormento maggiore,
M’hai ad inganno in tua casa menato,
Ladro, ribaldo, falso, traditore,
Perch’io veda il mio danno a compimento2
E la mia onta, e mora di tormento.
- ↑ T. e Ml. represo.
- ↑ Mr. Perchè io vedo.