392 |
orlando innamorato |
[St. 27-30] |
Io credetti morir per gran dolcezza,1
Nè altra cosa da poi stimai nel mondo.
Altri acquisti possanza o ver ricchezza,
Altri esser nominato per il mondo.2
Ciascun che è saggio, il suo piacere aprezza
E il viver dilettoso e star iocondo;
Chi vôle onore o robba con affanno,
Me non ascolti, et abbiasene il danno.3
Più fiate poi tornammo a questo gioco,4
E ciascun giorno più crescia il diletto;
Ma pur il star rinchiusa in questo loco
Mi dava extrema noia e gran dispetto;
E il tempo del piacer sempre era poco,
Però che quel zeloso maladetto
Me ritornava sì ratto a vedere,
Che spesso me sturbò di gran piacere.5
Unde facemmo l’ultimo pensiero6
Ad ogni modo de quindi fuggire;
Ma ciò non puotea farsi de legiero,
Chè avea quel vecchio sì spesso a salire
Là dove io stava nel castello altiero,
Che non ci dava tempo di partire.
Al fin consiglio ce donò lo amore,
Che dona ingegno e sotigliezza al core.
Ordauro Folderico ebbe invitato
Al suo palagio assai piacevolmente,
Mostrandoli che se era maritato,
Per trarli ogni sospetto della mente.
Lui, da poi che ebbe il castel ben serrato,
Ch’io non potessi uscirne per nïente,
Nè sapendo di che, pur sbigotito,
Ne andò dove era fatto il gran convito.
- ↑ T., Ml. e Mr. credeti.
- ↑ T., Ml. e Mr. Allo esser.
- ↑ Mr. habiessone T. habbiassene; Mr. habbia esso; P. abbiane esso.
- ↑ T., Ml. e Mr. tornamo.
- ↑ T., Mr. e P. turbò.
- ↑ T., Ml. e Mr. facemo.