390 |
orlando innamorato |
[St. 19-22] |
Egli era ricco di molto tesoro,
Chè senza quel non val senno un lupino;
Onde con molto argento e con molto oro
Fe’ comprare un palagio in quel confino
Dove me tenìa chiusa il barbasoro,
E manco de due miglia era vicino.
Non dimandati mo se al mio marito
Crebbe sospetto, e se fu sbigotito.
Esso temea del vento che soffiava,
E del sol che lucea da quella parte,1
Dove Ordauro al presente dimorava;
E con gran cura, diligenzia et arte
Ogni picciol pertugio vi serrava,
Nè mai d’intorno dal giron se parte;
E se un occello, o nebbia nel ciel vede,
Che quel sia Ordauro fermamente crede.
Ogni volta salia con molto affanno
Sopra alla torre; e trovandomi sola,
Diceva: Io temo che me facci inganno,
Chè non scio che qua su de intorno vola.
Io ben comprendo la vergogna e il danno,
E non ardisco a dirne una parola:2
Chè oggi ciascun che ha riguardo al suo fatto,
Nome ha zeloso, et è stimato un matto.3
Così diceva; e poi che era partito,
Rodendo andava intorno a quel rivaggio;
E per spiare ancor tal volta è gito
Dove abitava Ordauro al bel palaggio;
E a lui diceva: Quel riman schernito,
Che più stima sapere et esser saggio.
Se una vien còlta, non te ne fidare,
Chè l’ultima per tutte può pagare.4
- ↑ T., Ml. e Mr. dal.
- ↑ P. Ma non.
- ↑ P. omm. un.
- ↑ T. e Ml. tutto.