Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
[St. 7-10] | libro i. canto ii | 29 |
Però con meco lascia la battaglia,
Chè altro aver non ne puoi, che danno e scorno.
Feragù disse: Se Macon mi vaglia,
Quante arme vedi a me sopra od intorno,
E questo scudo e piastre, e questa maglia,
Tutte le porto per essere adorno,
Non per bisogno; ch’io son affatato
In ogni parte, fuor che in un sol lato.
Sì che, a donarti uno optimo consiglio,
Benchè nol chiedi, io ti so confortare
Che non te metti de morte a periglio;
Senza contesa vogli a me lasciare
La tua sorella, quel fiorito giglio,
Ed altramente tu non puoi campare.
Ma se mi fai con pace questo dono,
Eternamente a te tenuto sono.
Rispose lo Argalia: Barone audace,
Ben aggio inteso quanto hai ragionato,
E son contento aver con teco pace,
E tu sia mio fratello e mio cognato:
Ma vo’ saper se ad Angelica piace,
Chè senza lei non si faria il mercato.
E Feragù gli dice esser contento,
Che con essa ben parli a suo talento.
Abenchè Feragù sia giovanetto,
Bruno era molto e de orgogliosa voce,
Terribile a guardarlo nello aspetto;
Gli occhi avea rossi, con batter veloce.
Mai di lavarse non ebbe diletto,
Ma, polveroso, ha la faccia feroce:
Il capo acuto aveva quel barone,
Tutto ricciuto e ner come un carbone.
4. MI., Mr. e P. et. — 5. MI. piastra. — 17. T. E benché; MI. e Mr.
A ben che. P. sia Ferraù. — 28. P. e con batter.