[St. 35-38] |
libro i. canto xxi |
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Sempre parlai con Ranaldo de pace,
E lui me oltraggia con tal villania,
Che adoprar mi convien quel che me spiace
E far battaglia contra a voglia mia.
Suo tanto orgoglio e suo parlar mordace
Me hanno condutto a questa pugna ria;
E il tuo soccorso aspetto, che è dovuto,1
Chè sempre a’ bisognosi doni aiuto.
In tal forma pregavan con pietate,
Tuttavia combattendo, quei guerreri;
Nè mai se vedean ferme le sue spate,
Ma colpi sopra colpi ognor più fieri;
Nè se temean l’un l’altro in veritate,
Tanto eran prodi e de virtute altieri,
Che a brando, a lancia, a piedi e su l’arcione,
Potean con ciascun stare al paragone.
Ma nel presente io voglio differire
Il fin di questa pugna sì rubesta;
De Orlando e Brandimarte vi vo’ dire,
Che son con quella dama alla foresta,
Quale han campata da crudel martire,
E tre giganti occisi con tempesta,
Come doveti aver nella memoria;
Or de quel fatto io vo’ seguir la istoria.
Brandimarte giacea sopra a quel prato,
Come io vi dissi, tutto sanguinoso,
Con l’elmo rotto e scudo fraccassato,2
Pel colpo di Marfusto furïoso.
Orlando in braccio se l’avea recato,
E piangea forte quel conte pietoso;3
Ma quella damisella a mano a mano
Giù del gambelo discese nel piano.
- ↑ P. omm. E.
- ↑ P. e ’l.
- ↑ T. e Ml. piatoso.