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[St. 27-30] libro i. canto xxi 373

27 E menò il terzo colpo assai maggiore,
     Così come era tutto invelenito,
     E tanta fretta mena e tal furore,
     Che Ranaldo non può prender partito.
     Ma come piacque a l’alto Creatore,
     Sempre ne l’elmo l’aveva ferito,
     Chè, se l’avesse gionto in altro loco,
     Serìa durata la battaglia poco;

28 Però che avria spezzata ogni armatura:
     Ma l’elmo stette alle percosse saldo.
     Turbato era Grifone oltra misura,
     Nè mai fu de grande ira tanto caldo;
     Ma d’altra parte a voi lascio la cura
     Di pensar come stesse il pro’ Ranaldo;
     Chè Mongibel non arde nè Vulcano,
     Più che facesse il sir de Montealbano.

29 Sembrava gli occhi suoi faville accese,
     E parea nel soffiar tempesta e vento;
     Cridando ad ambe man Fusberta prese,
     E ferisce a Grifon con ardimento.
     Sette armature non serian diffese,
     Se non vi fosse stato incantamento;
     Ma quella fatasone era sì forte
     Che campò il giovanetto dalla morte.

30 Abenchè se stordì della percossa,
     Ed alle crine del destrier s’inchina;
     E non avendo ancor l’alma riscossa,
     Ranaldo lo ferì con gran ruina.
     Ma il giovanetto, che avea tanta possa,
     Ed è guarnito di armatura fina,
     Come risente, di nulla si cura,
     E mena colpi grandi oltra misura.

9. P. 82>ezzato. — 17. MI , Mr. e P. Sembrava. T. e MI. faccole] P.

fiaccole. — 28. T. fattaaone.