[St. 47-50] |
libro i. canto xx |
363 |
Per tal parole intese il fio de Amone
Che Angelica è la dentro e Trufaldino;
E in vero al mondo non ha due persone
Chè più presto volesse a suo domìno.
Al re ben portava odio per ragione,
Alla dama non già, per Dio divino!
Perchè essa amava lui più che ’l suo core;
Ma incanto era cagion di tanto errore.1
Voi la maniera sapeti e la guisa,
Però qua non la voglio replicare.
Ora rispose il principe a Marfisa:
Con teco son contento dimorare,
E star sotto tua insegna e tua divisa,
Sin che abbi Trufaldino a conquistare;
Ma già più oltra il partito non piglio,
Chè il loco e il tempo mi darà consiglio.
Così acordati, se accamparno intorno
L’alta Marfisa e tutta la sua gente.
Senza far guerra via passò quel giorno,
Ma come a l’altro uscitte il sol lucente,
Ranaldo armosse e pose a bocca il corno,
Chiamando Trufaldino il fraudolente;
Crida nel suono, e con molto rumore
Renegato lo appella e traditore.
Quando il malvaggio da la rocca intese
Che giù nel campo a battaglia è appellato,
De l’alte mure subito discese2
Pallido in viso e tutto tramutato,
Chiamando e’ cavallieri in sue diffese,
Racordando a ciascun quel che han giurato,3
Di combatter per lui sino alla morte,
Alor che prima intrarno a quelle porte.
- ↑ T. e Ml. non ha.
- ↑ Ml., Mr. e P. mura.
- ↑ Ml., Mr. e P. ha g.