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orlando innamorato |
[St. 43-46] |
E giù tornando, a Ranaldo parlava
Dicendo: Cavalliero, in quel girone
Stavvi una meretrice iniqua e prava,1
Piena di frode e de incantazïone;
Ma quel che è peggio et ancor più m’agrava,2
Un re vi sta, che non ha paragone
De tradimenti, inganni e di mal fele:
Trufaldino è nomato quel crudele.
E quella dama Angelica se appella,
Che ha ben contrario il nome a sua natura,3
Perchè è di fede e di pietà ribella.
Onde io destino mettere ogni cura
Che non campi nè ’l re, nè la donzella,
Che pur son chiusi dentro a quelle mura;
Poi che disfatto avrò la rocca a tondo,
Vo’ pigliar guerra contra a tutto il mondo.
Primo Gradasso voglio disertare,
Che è re del gran paese Siricano;
Poi Agricane vado a ritrovare,4
Che tutta Tartaria porrò per mano.5
Sin in Ponente mi conviene andare,
E disfarò la Franza e Carlo Mano;
Nanti a quel tempo levarmi di dosso
Maglia nè usbergo nè piastra non posso.
Chè fatto ho sacramento a Trivigante
Non dispogliarme mai di questo arnese,
Insin che le provincie tutte quante,
E castelle e citade non ho prese;6
Sì che, barone, tuoteme davante,
O prometti esser meco a queste offese,
Chè chiaramente e palese te dico:
Chi non è meco, quello è mio nemico.
- ↑ T., e Ml. Stava.
- ↑ P. peggio ancora e più mi grava.
- ↑ Mr. Che (Ch’è?) ben.
- ↑ Ml. Agrican; Mr. e P. ando.
- ↑ Mr. e P. porto.
- ↑ T., Ml. e P. E castelle.