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358 orlando innamorato [St. 27-30]

         Così parlava quel superbo al conte:
     Lui non rispose a quella bestia vana;
     Menò del brando, e quante arme ebbe gionte,
     Mandò tagliate in su la terra piana.
     Or se strengono insieme a fronte a fronte:
     Questo mena il baston, quel Durindana;1
     Sta l’uno e l’altro insieme tanto stretto,
     Che colpir non se puon più con effetto.

         Tanto è il gigante de Orlando maggiore,
     Che non li gionge al petto con la faccia;
     Ma il conte avea più ardire e più gran core,
     Chè gagliardezza non se vende a braccia.
     Pigliârsi insieme con molto furore,
     Ciascun de atterrar l’altro se procaccia;
     Stretto ne l’anche Orlando l’ebbe preso,
     Leval da terra, e in braccio il tien sospeso.

         Sopra del petto il tien sempre levato,
     E sì forte il stringea dove lo prese,
     Che il sbergo in molte parte fu crepato.
     Sembravan gli occhi al conte bragie accese;
     E poi che intorno assai fu regirato,
     Quel gran gigante alla terra distese,
     Con più ruina assai ch’io non descrivo;
     Non scia Ranchera se egli è morto o vivo.

         Avea il gigante in capo un gran capello,
     Ma nol diffese dal colpir del conte,
     Che col pomo del brando a gran flagello
     Roppe il capello e l’osso de la fronte.
     Per naso e bocca uscir fece il cervello;
     Due anime a l’inferno andar congionte,
     Perchè Oridante allor, nè più nè meno,
     Pel sangue perso cadde nel terreno.2

  1. Ml. e quel; Mr. ha il b. quel.
  2. T. Ml. Per sangue.