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orlando innamorato |
[St. 27-30] |
Così parlava quel superbo al conte:
Lui non rispose a quella bestia vana;
Menò del brando, e quante arme ebbe gionte,
Mandò tagliate in su la terra piana.
Or se strengono insieme a fronte a fronte:
Questo mena il baston, quel Durindana;1
Sta l’uno e l’altro insieme tanto stretto,
Che colpir non se puon più con effetto.
Tanto è il gigante de Orlando maggiore,
Che non li giongie al petto con la faccia;
Ma il conte avea più ardire e più gran core,
Chè gagliardezza non se vende a braccia.
Pigliârsi insieme con molto furore,
Ciascun de atterrar l’altro se procaccia;
Stretto ne l’anche Orlando l’ebbe preso,
Leval da terra, e in braccio il tien sospeso.
Sopra del petto il tien sempre levato,
E sì forte il stringea dove lo prese,
Che il sbergo in molte parte fu crepato.
Sembravan gli occhi al conte bragie accese;
E, poi che intorno assai fu regirato,
Quel gran gigante alla terra distese,
Con più ruina assai ch’io non descrivo;
Non scia Ranchera se egli è morto o vivo.
Avea il gigante in capo un gran capello,
Ma nol diffese dal colpir del conte,
Che col pomo del brando a gran flagello
Roppe il capello e l’osso de la fronte.
Per naso e bocca uscir fece il cervello;
Due anime a l’inferno andar congionte,
Perchè Oridante allor, nè più nè meno,
Pel sangue perso cadde nel terreno.2
- ↑ Ml. e quel; Mr. ha il b. quel.
- ↑ T. Ml. Per sangue.