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354 orlando innamorato [St. 11-14]

         Più Brandimarte sua vita non cura,
     Poi che crede la dama aver perduta;
     Di scoterla o morire a Macon giura,
     Ma certo è morto, se altri non lo aiuta.
     Ciascun gigante è grande oltra misura
     Et ha la faccia orribile e barbuta;
     Duo di lor se voltarno al cavalliero
     Con aspra voce e con parlare altiero.

         Dove ne vai, dicean, dove, briccone?
     Getta la spada, chè sei morto o preso.
     Nulla risponde quel franco barone,
     Ma vagli adosso di furore acceso.1
     Un de’ giganti alciava un gran bastone,
     Che era ferrato e de incredibil peso;
     Mena a due mani adosso a Brandimarte,
     Ma lui ben del scrimir sa il tempo e l’arte.

         Da canto se gettò come uno uccello,
     Sì che gionger nol puote per quel tratto;2
     L’altro gigante, con maggior flagello,
     Crede al suo colpo de averlo disfatto.
     Ma il cavallier, che tien l’occhio al pennello,
     Fanne al secondo come al primo ha fatto,
     Salta da questo e da quell’altro canto:
     Se l’ale avesse, non farebbe tanto.

         Ma lui ferì di spada quel gigante,
     Che li avea data la prima percossa,
     Che li spezzò le piastre tutte quante,
     E feceli gran piaga entro una cossa.
     Questo superbo avea nome Oridante,
     Terribile e crudel e di gran possa;3
     L’altro compagno avea nome Ranchiera:
     Del primo avea più forza e peggior ciera.

  1. P. con furore.
  2. T. e Mr. non.
  3. Ml. terribil, crudel; P. terribile, crud.