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orlando innamorato |
[St. 23-26] |
Del campo, dico, che, come io contai,
Andava a schiere in mille pezzi sparte;
Più scura cosa non se vidde mai:
Occisa è la gran gente in ogni parte,
Con più roina ch’io non conto assai.
Il re Adrïan li segue e Brandimarte;
Risuona il celo e del fiume la foce
Di cridi, de lamenti e de alte voce.1
La gente de Agrican, senza governo,
Poi che perduto è il suo forte segnore,
Che mai nol vederanno in sempiterno,2
Fugge dal campo rotta con romore.
Tutti son morti e callano allo inferno;
Il vecchio Galafron, pien de furore,
Di quella gente già non ha pietade,
Anci li pone al taglio delle spade.
Non vôl che campi alcun di quella gente;
Tutti li occide il superbo vecchione.
E già son gionti ove primeramente
Stava il re Agricane; il paviglione3
Gettato fo per terra incontinente,
Dove trovarno Astolfo, che è prigione,
E il re Ballano, pien de vigoria;
Con seco è Antifor de Albarossia.
Tutti tre insieme, come eran legati,4
Fôrno condutti ad Angelica avanti;
Ma la donzella li ha molto onorati,
Chè ben li cognosceva tutti quanti.
E poi che fôr disciolti e scatenati,
Con bel parlare e con dolci sembianti,
Mostrandoli carezze e bella faccia,
Di ciò che han per lei fatto li ringraccia.5
- ↑ T. e Mr. altre v.
- ↑ Mr. non il vìderanno; P. e Ml. non il vedranno.
- ↑ T. Agricane: (sic) il pavaglione; Mr. il paviglione.
- ↑ P. Tutti insieme.
- ↑ T. ringratia.