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orlando innamorato |
[St. 15-18] |
Io non me posso ormai più sostenire:
Levame tu de arcion, baron accorto.
Deh non lasciar questa anima perire!
Batteggiami oramai, chè già son morto.
Se tu me lasci a tal guisa morire,
Ancor n’avrai gran pena e disconforto.
Questo diceva e molte altre parole:
Oh quanto al conte ne rincresce e dole!
Egli avea pien de lacrime la faccia,
E fo smontato in su la terra piana;
Ricolse il re ferito nelle braccia,
E sopra al marmo il pose alla fontana;
E de pianger con seco non si saccia,
Chiedendoli perdon con voce umana.
Poi battizollo a l’acqua della fonte,
Pregando Dio per lui con le man gionte.
Poco poi stette che l’ebbe trovato
Freddo nel viso e tutta la persona,
Onde se avide che egli era passato.
Sopra al marmo alla fonte lo abandona,1
Così come era, tutto quanto armato,
Col brando in mano e con la sua corona;
E poi verso il destrier fece riguardo,
E pargli di veder che sia Baiardo.
Ma creder non può mai per cosa certa
Che qua sia capitato quel ronzone;
Et anco nascondeva la coperta,2
Che tutto lo guarnia sino al talone.
— Io vo’ saper la cosa in tutto aperta,
Disse a se stesso il figliol di Milone,
Se questo è pur Baiardo, o se il somiglia;
Ma se egli è desso, io n’ho gran meraviglia.
- ↑ P. marmor al.
- ↑ P. n’ascondeva (e cosi il Virgili).