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[St. 11-14] libro i. canto xix 337

11 Il crudel brando nel petto dichina,
     E rompe il sbergo e taglia il pancirone;
     Benchè sia grosso e de una maglia fina,
     Tutto lo fende in fin sotto il gallone:
     Non fo veduta mai tanta roina.
     Scende la spada e gionse nello arcione:
     De osso era questo ed intorno ferrato,
     Ma Durindana lo mandò su il prato.

12 Da il destro lato a l’anguinaglia stanca
     Era tagliato il re cotanto forte;
     Perse la vista ed ha la faccia bianca,
     Come colui ch’è già gionto alla morte;
     E benchè il spirto e l’anima li manca,
     Chiamava Orlando, e con parole scorte
     Sospirando diceva in bassa voce:
     - Io credo nel tuo Dio, che morì in croce.

13 Batteggiame, barone, alla fontana
     Prima ch’io perda in tutto la favella;
     E se mia vita è stata iniqua e strana,
     Non sia la morte almen de Dio ribella.
     Lui, che venne a salvar la gente umana,
     L’anima mia ricoglia tapinella!
     Ben me confesso che molto peccai,
     Ma sua misericordia è grande assai. -

14 Piangea quel re, che fo cotanto fiero,
     E tenìa il viso al cel sempre voltato;
     Poi ad Orlando disse: - Cavalliero,
     In questo giorno de oggi hai guadagnato,
     Al mio parere, il più franco destriero
     Che mai fosse nel mondo cavalcato;
     Questo fo tolto ad un forte barone,
     Che del mio campo dimora pregione.

1. MI., Mr. e P. dichina. — 0. T. e da. — B2. P. nel.

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