[St. 47-50] |
libro i. canto xviii |
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Rispose il conte: Quello Orlando sono
Che occise Almonte e il suo fratel Troiano;
Amor m’ha posto tutto in abandono,
E venir fammi in questo loco strano.
E perchè teco più largo ragiono,
Voglio che sappi che ’l mio core è in mano
De la figliola del re Galafrone,
Che ad Albraca dimora nel girone.
Tu fai col patre guerra a gran furore,
Per prender suo paese e sua castella,
Et io qua son condotto per amore
E per piacere a quella damisella.
Molte fiate son stato per onore
E per la fede mia sopra alla sella;1
Or sol per acquistar la bella dama
Faccio battaglia, et altro non ho brama.
Quando Agricane ha nel parlare accolto
Che questo è Orlando, et Angelica amava,
Fuor di misura se turbò nel volto,
Ma per la notte non lo dimostrava;
Piangeva sospirando come un stolto,
L’anima, il petto e il spirto li avampava;
E tanta zelosia gli batte il core,
Che non è vivo, e di doglia non muore.
Poi disse a Orlando: Tu debbi pensare
Che, come il giorno serà dimostrato,
Debbiamo insieme la battaglia fare,
E l’uno o l’altro rimarrà sul prato.
Or de una cosa te voglio pregare,
Che, prima che veniamo a cotal piato,2
Quella donzella che il tuo cor disia,
Tu la abandoni, e lascila per mia.
- ↑ sopra la.
- ↑ T. patto; Mr. pato.