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324 orlando innamorato [St. 19-22]

19 Menò Marfisa un colpo con tempesta,
     Credendo averlo còlto alla scoperta;
     Se lo giongeva la botta rubesta,
     Era sua vita nel tutto deserta.
     Lui, che ha la vista a meraviglia presta,
     Da basso se ricolse con Fusberta,
     E gionse il colpo nella destra mano,
     Sì che cader li fece il brando al piano.

20 Quando essa vide la sua spada in terra,
     Non fu ruina al mondo mai cotale;
     Il suo destrier con ambi sproni afferra,
     Urta Ranaldo a furia di cingiale,
     E col viso avampato un pugno serra:
     Dal lato manco il gionse nel guanziale,
     E lo percosse con tanta possanza,
     Che assai minor fu il scontro de la lanza.

21 Io di tal botta assai me maraviglio,
     Ma come io dico, lo scrive Turpino;
     Fuor delle orecchie uscia il sangue vermiglio,
     Per naso e bocca a quel baron tapino.
     Campar lo fece dal mortal periglio
     Lo elmo afatato che fo de Mambrino;
     Chè se un altro elmo in testa se trovava,
     Longe dal busto il capo li gettava.

22 Perse ogni sentimento il cavalliero,
     Benchè restasse fermo in su la sella.
     Or lo portò correndo il suo destriero,
     Nè mai gionger lo puote la donzella,
     Chè quel ne andava via tanto legiero,
     Che per li fiori e per l’erba novella
     Nulla ne rompe il delicato pede;
     Non che si senta, ma apena si vede.

3. P. giungea la percosm. — 17. MI. e Mr. me; P. mi, — 27. P. porta.