[St. 7-10] |
libro i. canto xviii |
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Da l’altra parte il franco fio de Amone
Con una lancia a meraviglia grossa
Vien furïoso, quel cor di leone,
E proprio nella vista l’ha percossa;
Ma, come avesse gionto a un torrïone,
Non ha piegata Marfisa, nè mossa.
A tronchi ne andò l’asta con romore,
Nè restò pezzo de un palmo maggiore.
Gionse Ranaldo la dama diversa
In fronte a l’elmo, con molta tempesta;
Sopra alle groppe adietro lo riversa,
Tutta ne l’elmo gli intona la testa.1
Ora ha Marfisa pur sua lancia persa,
Perchè se fraccassò sino alla resta;
In cento e sei battaglie era lei stata
Con quella lancia, e sempre era durata:2
Ora se roppe al scontro furïoso.
Ben se ne meraviglia la donzella,
Ma più la ponge il crucio disdegnoso,
Perchè Ranaldo ancora è in su la sella.
Chiama iniquo Macone e doloroso,
Cornuto e becco Trivigante appella:
Ribaldi, a lor dicea, per qual cagione
Tenete il cavalliero in su lo arcione?
Venga un di voi, e lasciasi vedere,
E pigli a suo piacer questa diffesa,
Ch’io farò sua persona rimanere
Qua giù riversa e nel prato distesa.
Voi non voliti mia forza temere,
Perchè là su non posso esser ascesa;
Ma, se io prendo il camino, io ve ne aviso,
Tutti vi occido, et ardo il paradiso.
- ↑ Ml. intono; P. intuona
- ↑ T. e Mr. omm. e.