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[St. 79-82] libro i. canto i 23

       Esso per questo più divenne fiero,
     Come colui che fu senza paura,
     E messe a terra quel gigante altiero,
     Partito dalle spalle alla cintura.
     Alor fu gran periglio al cavallero,1
     Perchè Turlon, che ha forza oltra misura,
     Stretto di drieto il prende entro alle braccia,
     E di portarlo presto se procaccia.

       Ma fosse caso, o forza del barone,
     Io no ’l scio dir, da lui fu dispiccato.
     Il gran gigante ha di ferro un bastone,
     E Feraguto il suo brando afilato.
     Di novo si comincia la tenzone:
     Ciascuno a un tratto il suo colpo ha menato,
     Con maggior forza assai ch’io non vi dico;
     Ogni om ben crede aver còlto il nemico.

       Non fu di quelle botte alcuna cassa,
     Chè quel gigante con forza rubesta
     Giunselo in capo e l’elmo gli fraccassa,2
     E tutta quanta disarmò la testa;
     Ma Feraguto con la spada bassa,
     Mena un traverso con molta tempesta3
     Sopra alle gambe coperte di maglia,
     Ed ambedue a quel colpo le taglia.

       L’un mezo morto, e l’altro tramortito
     Quasi ad un tratto cascarno sul prato.
     Smonta l’Argalia e con animo ardito
     Ha quel barone alla fonte portato,
     E con fresca acqua l’animo stordito
     A poco a poco gli ebbe ritornato;
     E poi volea menarlo al pavaglione,4
     Ma Feraguto niega esser pregione.

  1. MI, e P. a gran periglio il.; Mr. fu gran periglio il.
  2. P. al capo.
  3. P. traverso
  4. Mr. paviglione.