[St. 79-82] |
libro i. canto i |
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Esso per questo più divenne fiero,
Come colui che fu senza paura,
E messe a terra quel gigante altiero,
Partito dalle spalle alla cintura.
Alor fu gran periglio al cavallero,1
Perchè Turlon, che ha forza oltra misura,
Stretto di drieto il prende entro alle braccia,
E di portarlo presto se procaccia.
Ma fosse caso, o forza del barone,
Io no ’l scio dir, da lui fu dispiccato.
Il gran gigante ha di ferro un bastone,
E Feraguto il suo brando afilato.
Di novo si comincia la tenzone:
Ciascuno a un tratto il suo colpo ha menato,
Con maggior forza assai ch’io non vi dico;
Ogni om ben crede aver còlto il nemico.
Non fu di quelle botte alcuna cassa,
Chè quel gigante con forza rubesta
Giunselo in capo e l’elmo gli fraccassa,2
E tutta quanta disarmò la testa;
Ma Feraguto con la spada bassa,
Mena un traverso con molta tempesta3
Sopra alle gambe coperte di maglia,
Ed ambedue a quel colpo le taglia.
L’un mezo morto, e l’altro tramortito
Quasi ad un tratto cascarno sul prato.
Smonta l’Argalia e con animo ardito
Ha quel barone alla fonte portato,
E con fresca acqua l’animo stordito
A poco a poco gli ebbe ritornato;
E poi volea menarlo al pavaglione,4
Ma Feraguto niega esser pregione.
- ↑ MI, e P. a gran periglio il.; Mr. fu gran periglio il.
- ↑ P. al capo.
- ↑ P. traverso
- ↑ Mr. paviglione.