[St. 71-74] |
libro i. canto i |
21 |
Ma come prima la lancia il toccò,1
Nel core e nella faccia isbigotì;2
Ogni sua forza in quel punto mancò,3
E lo animoso ardir da lui partì;4
Tal che con pena a terra trabuccò,5
Nè sa in quel punto se gli è notte o dì.6
Ma come prima a l’erba fu disteso,
Tornò il vigore a quello animo acceso.
Amore, o giovenezza, o la natura
Fan spesso altrui ne l’ira esser leggiero.7
Ma Feraguto amava oltra misura;
Giovanetto era e de animo sì fiero,
Che a praticarlo egli era una paura:
Piccola cosa gli facea mestiero
A volerlo condur con l’arme in mano,
Tanto è crucioso e di cor subitano.
Ira e vergogna lo levâr di terra,
Come caduto fu, subitamente.
Ben se apparecchia a vendicar tal guerra,
Nè si ricorda del patto nïente;
Trasse la spada, ed a piè se disserra
Ver lo Argalia, battendo dente a dente.
Ma lui diceva: Tu sei mio pregione,8
E me contrasti contro alla ragione.
Feraguto il parlar non ha ascoltato,
Anci ver lui ne andava in abandono.
Ora i giganti, che stavano al prato,
Tutti levati con l’arme se sono,
E sì terribil grido han fuor mandato,
Che non se odì giamai sì forte trono
(Turpino il dice: a me par meraviglia),
E tremò il prato intorno a lor due miglia.9
- ↑ P. toccava.
- ↑ P. isbigottito.
- ↑ P. mancava.
- ↑ P. E l’amoroso ardir è via partito.
- ↑ P. traboccava.
- ↑ P. Caso che forse mai più non fu udito.
- ↑ Mr. Fa.
- ↑ P. Ei gli.
- ↑ MI. e P. Che tremò; Mr. Tremò.