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[St. 47-50] libro i. canto xvi 297

         Quel re gagliardo poco o nulla il stima,1
     Benchè veggia sua forza smisurata;
     Nè fo sua lancia fraccassata in prima,
     Che egli ebbe in mano la spada affilata,
     E col destrier che di bontade è cima,
     Intorno lo combatte tutta fiata,
     Or dalle spalle, or fronte, e mai non tarda;
     Spesso lo assale, e ben de lui se guarda.

         Sopra a duo piedi sta fermo il gigante,
     Come una torre a cima de castello;
     Mai non ha mosso ove pose le piante,2
     E solo adopra il brando da il martello.3
     Or gli è lo re di drieto, ora davante,
     Sopra a quel bon destrier, che assembra uccello;
     Mena Archiloro ogni suo colpo in fallo,
     Tanto è legiero e destro quel cavallo.

         Stava a vedere e l’una e l’altra gente,
     Dico quei de India e quei di Tartaria,
     Sì come a lor non toccasse nïente,
     Ma sol fosse da duo la pugna ria.4
     Così sta ciascadun queto e pon mente,5
     Lodando ogniuno il suo di vigoria:
     Mentre che ciascun guarda e parla e cianza,
     Mena Archiloro un colpo di possanza.

         Gettato ha il scudo, e il colpo a due man mena,6
     Ma non gionse Agrican, chè l’avria morto;
     Tutto il martello ascose ne l’arena.
     Ora il gigante è ben gionto a mal porto:7
     Callate non avea le braccie apena,
     Che il re, qual stava in su lo aviso scorto,
     Con tal roina il brando su vi mise,
     Che ambe le mane a quel colpo divise.

  1. Mr. e P. omm. il.
  2. T. e Mr. Ma.
  3. P. il braccio dal.
  4. Ml. da dui; Mr. da lui; P. tra due.
  5. P. ciascun queto, e pone.
  6. P. omm. ha et e.
  7. Ml. Hor è il g.