[St. 39-42] |
libro i. canto xvi |
295 |
Liberamente il suo regno ti dono,
Nè credo meglio poterlo alogare,
Chè non ha il mondo cavallier sì bono,
Qual di bontate ti possa avanzare:
Et io prometto e giuro in abandono
Che un’altra volta me voglio provare
Teco nel campo, per far certo e chiaro
Qual cavalliero al mondo non ha paro.
Più che omo me stimava alora quando
Provata non avea la tua possanza;
Nè mi credetti aver diffesa al brando,
Nè altro contrasto al colpo de mia lanza;
Et odendo talor parlar de Orlando,
Che sta in Ponente nel regno di Franza,
Ogni sue forze curavo io nïente,1
Me sopra ogni altro stimando potente.
Questa battaglia e lo assalto sì fiero
Che è tra noi stato, e l’aspere percosse2
Me hanno cangiato alquanto nel pensiero,
E vedo ch’io sono om di carne e d’osse.
Ma domatina sopra de il sentiero
Farem la ultima prova a nostre posse;
E tu in quel ponto o ver la mia persona
Serà del mondo il fiore e la corona.
Ma or ti prego che per questa fiata
Andar me lascia, cavallier, sicuro;
Se alcuna cosa hai mai nel mondo amata,
Per quella sol te prego e te scongiuro.
Vedi mia gente tutta sbaratata
Da quel gigante smisurato e scuro,3
E s’io li dono, per tuo merto, aiuto,
Serò in eterno a te sempre tenuto.
- ↑ Ml. e Mr. sue forze; Ml., Mr. e P. omm. io.
- ↑ Ml. aspre percosse; Mr. e P. aspre e gran.
- ↑ Mr. Dove quel.