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[St. 15-18] libro i. canto xvi 289

         Così dicendo un gran colpo disserra
     Ad ambe mano, et ebbe opinïone[1]
     Mandare Orlando in due parte per terra,
     Chè fender se ’l credea fin su lo arcione.
     Ma il brando a quel duro elmo non s’afferra,
     Chè anco egli era opra de incantazïone.
     Fiello Albrizach, il falso negromante,[2]
     E diello in dono al figlio de Agolante.

         Questo lo perse, quando a quella fonte
     Lo occise Orlando in braccio a Carlo Mano.
     Or non più zanze: ritornamo al conte,
     Che ricevuto ha quel colpo villano.
     Da le piante sudava insin la fronte,
     E di far sua vendetta è ben certano;
     A poco a poco l’ira più se ingrossa,
     A due man mena con tutta sua possa.

         Da lato a l’elmo gionse il brando crudo,
     E giù discese della spalla stanca;
     Più de un gran terzo li tagliò del scudo,
     E l’arme e’ panni, insin la carne bianca,
     Sì che mostrar li fece ’l fianco nudo;
     Calla giù il colpo, e discese ne l’anca,
     E carne e pelle aponto li risparma,
     Ma taglia il sbergo, e tutto lo disarma.[3]

         Quando quel colpo sente il re Agricane,
     Dice a se stesso: E’ mi convien spaciare.[4]
     S’io non me affretto di menar le mane,
     A questa sera non credo arivare;
     Ma sue prodezze tutte seran vane,
     Ch’io il voglio adesso allo inferno mandare;
     E non è maglia e piastra tanto grossa,
     Che a questo colpo contrastar mi possa.

  1. Ml. man; Mr. mane.
  2. Mr. omm. il.
  3. Mr. omm. e.
  4. T. spazzare.